Il peccato di Sodoma non fu l’omosessualità: un malinteso durato millenni

sodoma

Tutti conoscono (o pensano di conoscere) la biblica storia di Sodoma e Gomorra e quasi tutti sono convinti che la causa della distruzione sia stata l’omosessualità che veniva praticata dagli abitanti. Stiamo per vedere che non fu così…

Qual è stato il peccato di Sodoma? La sodomia, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma cosa significa esattamente sodomia?

Il discorso è abbastanza complesso e per esaurirlo in un articolo dovrò sintetizzarlo e semplificarlo (spero non troppo). Per chi fosse interessato ad approfondire, ho trattato l’argomento nel libro L’origine dell’uomo ibrido.

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Sodomia = rapporti omosessuali?

Il vocabolario Treccani definisce sodomia:

Termine che indica, nell’uso corrente, rapporti omosessuali tra individui di sesso maschile, mentre più propriam. indica ogni forma di rapporto sessuale per via anale, per cui si distingue una s. omosessuale e una s. eterosessuale.

Nell’uso corrente la sodomia indica i rapporti omosessuali e, proprio per questo motivo, nell’immaginario collettivo gli abitanti di Sodoma sono diventati tutti gay. Ma pure due eterosessuali possono peccare di sodomia. E non solo. Si può peccare di sodomia anche senza un partner umano.

Il famoso psichiatra e neurologo von Krafft-Ebing, autore di un classico sulla sessuologia (Psicopatia sessuale), scrive [Richard von Krafft-Ebing, Psicopatia Sessuale, rielaborazione del Dott. Alexander Hartwich, Edizioni Mediterranee, 1964, p. 85]:

Le relazioni sessuali fra persone e animali rientrano nella cosiddetta zoofilia. Questa degenerazione veniva chiamata un tempo sodomia.

Il dizionario etimologico conferma:

Peccato contro natura: da Sodoma, antica città della Palestina, in cui era praticata ogni sorta di lussuria.

Dunque i rapporti anali, omosessuali e non, rientrano sì nella sodomia ma non ne esauriscono il significato; la sodomia racchiude tutti i rapporti non finalizzati alla procreazione, in particolare se in vase indebito, in un orifizio illecito, compreso quello di un animale.

Chi erano gli abitanti di Sodoma?

I sodomiti, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma chi erano i sodomiti? Non può che dircelo la Genesi che nomina per la prima volta la nostra città in questo passo [Genesi 10,19]:

Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Seboìm fino a Lesa.

Quindi i sodomiti erano i cananei. I cananei sono i discendenti di Canaan. Canaan era il “nipote” di Noè. Nipote tra virgolette perché, come abbiamo visto in questo articolo, Canaan è il figlio di un incesto avvenuto tra Cam, figlio di Noè e la moglie dello stesso Noè. Presto vedremo che, anche nel racconto di Sodoma, viene narrato l’incesto tra Lot e le sue figlie. Ma proseguiamo per gradi.

La Genesi dice quale fu il peccato della città?

In Genesi 13,13 troviamo un’anticipazione che riguarda la perversione della città:

Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore.

Da questa prima informazione generica è impossibile risalire ai peccati specifici che venivano commessi. Ed è evidente che non si accenni minimamente all’omosessualità.

Nel capitolo successivo [Genesi 14,2] leggiamo che alcuni re

mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra.

La Bibbia di Gerusalemme [pagina 48] nota a riguardo:

Il carattere fittizio del racconto è ravvisabile nei nomi dei re di Sòdoma e di Gomorra: Bera e Birsa sono i re «nella malizia» e «nella cattiveria», nuova allusione al peccato delle due città.

Malizia e cattiveria, neanche qui si parla di festini LGBT.

Prima di analizzare il racconto oggetto dell’articolo, troviamo l’ultima anticipazione in Genesi 18,20s:

Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».

Neanche qui si accenna minimamente all’omosessualità.

L’ultimo peccato dei sodomiti

Genesi 19 inizia così:

I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera.

La parola ebraica tradotta con angeli è malakim. Chi sono i malakim? Ho dedicato a queste figure un articolo che invito a leggere perché è propedeutico alla comprensione del ragionamento che sto per sviluppare.

Una cosa è certa: i malakim non erano degli angeli come li intendiamo noi oggi. E basta proseguire con la lettura del testo per dimostrarlo. Infatti i due malakim vengono accolti da Lot che li invita a dormire a casa sua, ma:

Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!».

Questo brano, se letto con superficialità, sembrerebbe contenere un riferimento al peccato di omosessualità. Ma analizziamolo meglio.

Ciò che dovrebbe richiamare la nostra attenzione è il fatto che Lot stia ospitando due angeli/malakim mentre i sodomiti chiedono: dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Come uomini? Non erano angeli? Se vi state ponendo questa domanda, vi ho sgamato: non avete letto l’articolo propedeutico sui malakim.

Se i due uomini ospitati da Lot fossero stati realmente due uomini, i sodomiti avrebbero palesemente dichiarato di voler commettere un peccato di violenza omosessuale. Ma il testo è chiaro: Lot sta ospitando due angeli/malakim, non due uomini.

Il vero peccato dei sodomiti, in un certo senso, è duplice: prima di tutto non hanno riconosciuto la divinità di quei personaggi e in secondo luogo ambivano addirittura a mescolare due realtà, quella divina e quella umana, che erano considerate distinte e dovevano rimanere separate.

Il vero peccato di Sodoma? Hybris

Nell’antica Grecia esisteva un tipo di peccato che, come vedremo, è molto simile alla trasgressione che volevano commettere i sodomiti: si tratta della hybris (υβρις). Era un peccato gravissimo. Esiodo, ad esempio, individua la causa della decadenza dell’umanità proprio nella hybris. Spesso viene tradotta con tracotanza, violenza ma si tratta di approssimazioni.

Secondo il professor Paolo Cipolla, tracotanza

è un modo, sicuramente approssimativo ma forse uno dei meno infelici, di rendere il termine greco hybris, che nella sua complessità polisemica indica propriamente qualsiasi azione o atteggiamento umano volto a trascendere i limiti imposti dalle leggi divine, commettendo crimini e violenze, spinti da eccessiva fiducia in se stessi. [La hybris di Serse nei Persiani di Eschilo fra destino e responsabilità, in Studia humanitatis, Saggi in onore di Roberto Osculati, a cura di Arianna Rotondo, Viella, 2011, p. 29]

Quali sono i personaggi mitici più carichi di hybris?

Tra i personaggi che il mito classico delinea come campioni di hybris figurano in particolare i centauri, caratterizzati da costumi assai brutali. La loro sconfitta da parte dei Lapiti nella Centauromachia simboleggia il trionfo della consapevolezza e della misura sulla barbarie più sfrenata e selvaggia. [Anna Ferrari, Dizionario di mitologia greca e latina, UTET, 1999, pp. 375-376]

I centauri erano degli ibridi e infatti il dizionario etimologico c’informa che ibrido deriva proprio dal greco ybris:

eccesso, violenza ed anche lascivia, lussuria, onde ybrizein, eccederei giusti confini, essere sfrenato, ed anche stuprare. Dicesi di animale nato da generanti dissimili, perché reputasi tale procreazione oltrepassare i limiti imposti dalla natura.

I lettori abitudinari del mio blog, a questo punto, avranno già fatto i loro collegamenti. Per alcuni teologi anche la trasgressione di Adamo può essere considerata un peccato di hybris. E la hybris poteva essere “trasmessa” alla stirpe del peccatore. In un prossimo articolo espanderò questi aspetti.

Il parallelo Sodoma/Diluvio

Finalmente siamo arrivati alla conclusione. La Bibbia di Gerusalemme [pagina 59] la butta lì così:

La storia di Sodoma, distrutta per il peccato dei suoi abitanti, può essere stata in origine un parallelo transgiordano al racconto del diluvio.

Alla luce delle considerazioni effettuate fin qui, possiamo evidenziare sei paralleli tra Genesi 67 e Genesi 19.

1 – Inizialmente Dio prende atto del peccato degli uomini:

DILUVIO: Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre.

SODOMA: Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.

2 – Esistono però due famiglie di giusti che verranno salvate dall’imminente castigo divino, rispettivamente quella di Noè e quella di Lot:

DILUVIO: Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli.

SODOMA: Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città.

3 – Al peccato segue la punizione-distruzione:

DILUVIO: eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

SODOMA: quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore.

4 – Il peccato di Sodoma, che abbiamo appena analizzato, è speculare al peccato dei figli di Dio che scatenarono il Diluvio perché si erano uniti alle figlie dell’uomo. Un’altra mescolanza, un’altra ibridazione alla quale ho dedicato un articolo a parte.

5 – L’incesto finale. Come dopo il diluvio, a causa del vino, avviene un incesto tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Noè, lo stesso identico incesto avviene a causa del vino tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Lot.

Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, come avviene dappertutto. Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così daremo vita a una discendenza da nostro padre.

6 – Come dall’incesto di Cam con sua madre nasce Canaan, capostipite dei maledetti cananei, così dall’incesto delle figlie di Lot nascono Moab e Ammon, capostipiti dei maledetti Moabiti e Ammoniti.

Il peccato di Cam contro Noè che è troppo scandaloso per essere spiegato

In Genesi 9 viene narrata una storia molto strana. Ancora più strano è che il vero significato della vicenda non venga spiegato mai, forse per non scandalizzare il lettore sprovveduto. Con questo articolo proverò a rompere il tabù.

È appena finito il diluvio e gli unici superstiti sono otto persone: Noè, sua moglie, i suoi tre figli (Sem, Cam e Iafet) e le rispettive mogli.

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Prima di analizzare ciò che accade e capire quello che potrebbe essere il reale significato del racconto, leggiamo gli otto versetti:

I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra.
Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e si denudò all’interno della sua tenda. Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono la nudità del loro padre; avendo tenuto la faccia rivolta indietro, non videro la nudità del loro padre.
Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse:
«Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!». [Genesi 9,18-25]

Il primo particolare che dovrebbe saltare all’occhio è il fatto che venga specificato che «Cam è il padre di Canaan».

Ognuno dei tre figli di Noè (Sem, Cam e Iafet), avrà, a sua volta, numerosi figli che verranno elencati nel capitolo successivo.

Perché in questo brano viene nominato Canaan, solo uno dei figli di Cam, che apparentemente non c’entra nulla?

Che la menzione non sia casuale, è confermato dal fatto che gli autori lo nominino una seconda volta, al momento del peccato di Cam: «Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre».

Presto vedremo che è proprio la natura del peccato di Cam che giustifica la menzione di suo figlio Canaan. Infatti questa storiella, che potrebbe essere scambiata per un resoconto storico dai lettori odierni, per gli autori e i lettori israeliti del tempo aveva un significato eziologico molto preciso. Significato che è possibile decifrare grazie al capitolo 18 del Levitico che elenca le prescrizioni sulle relazioni sessuali.

Nessuno si accosterà a una sua consanguinea, per scoprire la sua nudità. Io sono il Signore.
Non scoprirai la nudità di tuo padre né la nudità di tua madre: è tua madre; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità di una moglie di tuo padre; è la nudità di tuo padre. [Levitico 18,6-8]

Scoprire la nudità del padre, per gli israeliti, significava accostarsi alla madre.

Il vero peccato di Cam è aver commesso un incesto con sua madre, la moglie di Noè. Ecco perché viene nominato per ben due volte Canaan. Canaan è il figlio di questo peccato, è il figlio di Cam e della moglie di Noè.

Quest’interpretazione non è solo coerente con il passo del Levitico ma è l’unica che spiega il motivo per il quale Noè se la prenda con l’innocente Canaan nonostante il peccato venga commesso da Cam. Rileggiamo:

Quando Noè si fu risvegliato dall’ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore [Cam]; allora disse: «Sia maledetto Canaan!»

Noè maledice Canaan perché quel bambino è il frutto del peccato e, come si credeva all’epoca, i peccati dei genitori ricadevano sui figli.

Da Canaan discenderanno i popoli cananei, i peggiori nemici d’Israele. L’origine peccaminosa dell’antenato serve da una parte per aumentare il contrasto tra un popolo nato dalla trasgressione e il popolo eletto e dall’altra per spiegare i costumi che i cananei continuavano a utilizzare anche ai tempi degli autori.

Infatti il capitolo 18 del Levitico sulle prescrizioni sessuali che ho citato, inizia proprio così:

Non farete come si fa nella terra d’Egitto dove avete abitato, né farete come si fa nella terra di Canaan dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi. [Levitico 18,3]

I cananei, evidentemente, praticavano l’incesto e gli autori sacri hanno ben pensato di proiettare la stessa trasgressione all’origine del capostipite.

Nel prossimo articolo vedremo come lo scandalo avvenuto all’interno della famiglia di Noè sia identico a quello, raccontato molto più esplicitamente, avvenuto nella famiglia di Lot. E riguardo al racconto di Sodoma e Gomorra scopriremo un significato che non tutti conoscono. Se non avete voglia di aspettare, potete leggere tutto sul mio libro: L’origine dell’uomo ibrido.

Cabala: Adamo mescolò il suo seme in un “luogo inappropriato”

Ho già parlato dello Zohar in questo articolo, quando si allude a un Caino ibrido generato da una qof, una scimmia. Ho trovato un altro passo interessante che confermerebbe che il peccato di Adamo, almeno per gli ebrei cabalisti, fosse riconducibile a un atto di ibridazione.

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Lo Zohar, il libro dello Splendore, è il testo più importante della tradizione cabalistica. Si tratta di un’opera abbastanza esoterica, di non facile interpretazione. Io mi baso sull’edizione a cura di Giulio Busi (Giulio Einaudi Editore, 2008).

A pagina 340-342 si parla dei discendenti di Canaan, che dagli israeliti erano considerati schiavi. Ma chi era Canaan? In Genesi è scritto che Noè ebbe tre figli: Sem, Cam e Iafet. Canaan era uno dei figli di Cam quindi era un nipote di Noè. Gli israeliti, invece, discendono dalla stirpe di Sem. Allora lo Zohar si chiede come mai ci sia questa differenza tra Cam e gli altri due fratelli:

Potresti obiettare che [Cam] era fratello di Sem e di Iafet: perché dunque non era come loro?

In pratica gli autori si chiedono come sia possibile che da un padre buono (Noè, in questo caso) nasca un figlio cattivo (Cam). Prima di rispondere analizzano la situazione opposta, quella in cui si verifica che da un antenato cattivo (Cam) nasca un discendente buono (Eliezer).

Allo stesso modo, alla stirpe di Cam apparteneva anche Eliezer, il sevo di Abramo. Perché non fu [un malvagio] come [Cam], ma un giusto […]?

[Devi sapere che] tutto ciò dipende dal segreto dello svolgersi della luce dall’oscurità: in quanto discendente di Cam, il servo di Abramo proveniva dall’oscurità […].

Quindi dall’oscurità, da una stirpe malvagia (Cam), può capitare che nasca la luce, un uomo giusto (Eliezer).

Ma può capitare anche il contrario, come abbiamo visto con Cam (malvagio) figlio di Noè (giusto). E lo Zohar propone altri due esempi: quello di Ismale (malvagio) figlio di Abramo (giusto) e quello di Esaù (malvagio) figlio di Isacco (giusto).

Ma [vi è anche uno svolgersi] dell’oscurità dalla luce, come nel caso di Ismaele che uscì da Abramo, e di Esaù, [che uscì] da Isacco.

Fin qui il ragionamento non contiene nulla di eclatante. Ma adesso arriva il bello. Infatti gli autori spiegheranno qual è il segreto che causa la nascita di figli malvagi da genitori giusti. Il lettore deve sapere che Ismaele ed Esaù erano stati generati da Abramo e da Isacco con due donne cananee.

Il segreto è che la causa di questo è la mescolanza delle gocce [del seme] in un luogo inappropriato. [Se ne rende colpevole] chi mescola la propria goccia [di seme] con una serva […]: costoro sono male e oscurità, mentre la sua goccia è bene e luce […].

Ho già parlato dei matrimoni misti che erano assolutamente vietati nel Vecchio Testamento qui, mentre di qua ho parlato dei figli bastardi che nascevano dagli incroci. Chi segue questo blog, dunque, non si stupirà dalle affermazioni dello Zohar.

Però non è finita qui, perché il libro dello Splendore si spinge oltre, fino a collegare la mescolanza del seme buono in un luogo inappropriato al peccato di Adamo. Infatti il brano continua:

Chi mischia il bene con il male, trasgredisce la parola del suo Signore, che disse: Ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangerai.

Il rimando è proprio a Genesi 2,17, all’unico divieto che Dio impose ad Adamo. Quindi il significato è inequivocabile: Adamo, che violerà quel divieto, andrà a mescolare il suo seme buono in un luogo inappropriato, esattamente come faranno Abramo e Isacco tempo dopo.

Se vi state chiedendo quale luogo inappropriato potesse esistere ai tempi di Adamo, significa che non avete letto né il mio libro, L’origine dell’uomo ibrido, né questo articolo.

Mamzer, i “bastardi” del Vecchio Testamento

Nell’articolo precedente ho parlato dei matrimoni misti proibiti nel Vecchio Testamento. Il divieto riguardava le unioni tra gli israeliti e i cananei. Gli israeliti erano (alcuni) discendenti di Abramo, il primo patriarca, immigrato nella terra di Canaan (l’attuale Palestina) da Ur dei Caldei (l’attuale Iraq). Quindi gli israeliti non erano originari di Canaan mentre i cananei erano appunto le popolazioni autoctone.

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Tutti i libri del Primo Testamento, come abbiamo visto, ripetono insistentemente che Israele doveva astenersi dal contrarre matrimoni con le popolazioni indigene. Nonostante il divieto sia uno dei più importanti di tutta la Bibbia, l’argomento non è molto conosciuto dai lettori occasionali del testo sacro. La verità è che se ne parla poco, forse perché riguarda un tema che oggi è considerato politicamente scorretto. Quando se ne parla, si tende a minimizzarlo e a giustificare sbrigativamente la proibizione con la motivazione meno scandalosa: i cananei erano pagani, adoravano divinità diverse da Yahweh e quindi i matrimoni misti potevano indurre le famiglie ad abbandonare il culto del vero Dio.

Questo aspetto è sicuramente una delle cause del divieto ma, come vedremo, non è l’unica. Chi dice il contrario non ha mai riflettuto come si deve su diversi passi che adesso analizzeremo.

Abramo è stato il primo patriarca, il primo uomo convertito al culto di Yahweh. Prima di convertirsi era un pagano, come erano pagani tutti i suoi contemporanei, compresi i suoi parenti. Eppure Abramo (leggi l’articolo precedente) non vuole che suo figlio Isacco sposi una cananea. Se il motivo fosse stato solo di ordine religioso, qualsiasi donna non sarebbe andata bene per Isacco dato che nessuna, all’epoca, adorava Yahweh.

Il testo è chiaro. Abramo chiede al suo servo:

non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, ma andrai nella mia terra, tra la mia parentela, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco. (Genesi 24,3s)

I suoi parenti erano pagani tanto quanto i cananei ma è evidente che Abramo non si preoccupa del credo della futura nuora, si preoccupa di altro…

Lo stesso discorso vale per i figli di Isacco: Giacobbe ed Esaù. I due fratelli erano la seconda generazione di adoratori di Yahweh. Se avessero dovuto sposare una donna non pagana, avrebbero dovuto commettere un incesto perché all’epoca le uniche due donne adoratrici di Yahweh erano Sara (moglie di Abramo e nonna dei fratelli) e Rebecca (moglie di Isacco e madre dei fratelli).

Le coetanee di Giacobbe ed Esaù, in tutto il mondo, erano pagane e infatti il povero Esaù sposerà due pagane cananee. Che non l’avesse mai fatto. La madre reagisce così:

Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite [ittite significa cananee, n.d.r.] : se Giacobbe prende moglie tra le Ittite come queste, tra le ragazze della regione, a che mi giova la vita? (Genesi 27,46)

E il padre corre subito da Giacobbe, l’altro figlio:

Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su, va’ nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua madre. (Genesi 28,1s)

Basterebbero questi brevi brani per smentire chi vuole ridurre la proibizione dei matrimoni misti a una causa puramente cultuale. Ma se gli aspetti religiosi non sono il motivo primo del divieto, cosa poteva generare una tale repulsione verso i cananei?

Nel libro di Esdra ci sono indizi importanti. La vicenda si svolge dopo l’esilio di Babilonia. Breve riassunto: intorno al 600 a.C. arrivano i babilonesi, invadono Israele, distruggono il tempio e deportano un numero imprecisato di israeliti a Babilonia. Un altro numero imprecisato di israeliti riesce a evitare l’esilio e a rimanere in patria. Dopo qualche decennio gli esiliati vengono liberati e tornano in Israele. Qui scoprono che i non esiliati, nel frattempo, si erano mescolati con i cananei.

Il sacerdote Esdra, com’era prevedibile, si arrabbia tantissimo:

stracciai il mio vestito e il mio mantello, mi strappai i capelli del capo e la barba e mi sedetti costernato. (Esdra 9,3)

E neanche il resto del popolo la prende bene:

si riunì intorno a lui un’assemblea molto numerosa d’Israeliti: uomini, donne e fanciulli; e il popolo piangeva a dirotto. (Esdra 10,1)

Dopo un attimo di sconforto, trovano la soluzione:

Abbiamo prevaricato contro il nostro Dio, sposando donne straniere, prese dalle popolazioni del luogo. Orbene, a questo riguardo c’è ancora una speranza per Israele. Facciamo dunque un patto con il nostro Dio, impegnandoci a rimandare tutte le donne e i figli nati da loro. (Esdra 10,2s)

Il libro si conclude con un lieto fine: la lunga lista di tutti gli israeliti che rimediano al peccato.

Tutti questi avevano sposato donne straniere e rimandarono le donne insieme con i figli. (Esdra 10,44)

Sono necessarie due osservazioni:

  1. questi uomini, per la fedeltà a Yahweh, abbandonano le mogli e i figli. Non sembra che i matrimoni misti e gli anni di convivenza li abbiano deviati dal culto legittimo;
  2. vengono allontanati anche i figli. Se il divieto era tale perché le donne pagane avrebbero potuto far deviare i mariti dal culto a Yahweh, di certo i figli non avrebbero potuto rappresentare alcun pericolo.

Sempre in Esdra si legge un altro brano che esclude completamente la possibilità che il divieto servisse per salvaguardare l’ortodossia religiosa di Israele. Tra gli esiliati rimpatriati ce ne sono alcuni che

non avevano potuto indicare se il loro casato e la loro discendenza fossero d’Israele. (Esdra 2,59)

E altri:

cercarono il loro registro genealogico, ma non lo trovarono e furono allora esclusi dal sacerdozio. (Esdra 2,62)

Qui non si tratta di fedeltà al culto. Un uomo poteva pure essere il più devoto d’Israele ma se non poteva dimostrare che i suoi antenati non si erano mai incrociati con altri popoli, veniva escluso. Si capisce che i matrimoni misti non riguardavano solo i diretti interessati ma tutta la discendenza bastarda.

E infatti nella Bibbia si parla proprio di mamzer, parola che è stata tradotta con bastardo.

Il bastardo non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. (Deuteronomio 23,3)

Altro che influenza dei culti pagani. Qui è chiaro che il vero prodotto peccaminoso dei matrimoni misti erano i figli bastardi e tutta la loro discendenza. E non tutti i bastardi erano bastardi allo stesso modo. Mentre gli incroci con i cananei erano persi per sempre (neppure alla decima generazione), gli incroci con gli edomiti e gli egiziani erano recuperabili:

I figli che nasceranno da loro alla terza generazione potranno entrare nella comunità del Signore. (Deuteronomio 23,9)

Questa discriminazione è assolutamente inspiegabile per chi sostiene che il divieto serviva solo a salvaguardare la purezza del culto.

Altre parole, oltre a mamzer, possono significare bastardo. La Bibbia di Gerusalemme traduce la parola sheqer con bastardo, almeno in questo passo del profeta Isaia:

Ora, venite qui, voi, figli della maliarda, progenie di un adultero e di una prostituta. Di chi vi prendete gioco? Contro chi allargate la bocca e tirate fuori la lingua? Non siete voi forse figli del peccato, prole bastarda? (Isaia 57,3s)

Come avevo già scritto in un altro articolo, le sacerdotesse cananee adoravano le divinità della fertilità e si prostituivano all’interno dei templi. In questo brano di Isaia il rimando è chiaro: la maliarda, la maga, è la sacerdotessa, la prostituta sacra, la donna cananea. L’adultero è l’israelita che ha tradito la donna del suo popolo e ha trasgredito il divieto di Dio sui matrimoni misti. I figli di questo incrocio sono figli del peccato, prole bastarda.

Pure il termine nokri può significare bastardo e infatti viene tradotto così in questa metafora del profeta Geremia che non ha bisogno di spiegazioni:

Io ti avevo piantato come vigna pregiata, tutta di vitigni genuini; come mai ti sei mutata in tralci degeneri di vigna bastarda? (Geremia 2,21)

Stesso discorso vale per il termine zuwr, usato dal profeta Osea in un brano più che esplicito:

Sono stati infedeli verso il Signore, generando figli bastardi: la nuova luna li divorerà insieme con i loro campi. (Osea 5,7)

Quanti lettori occasionali della Bibbia sono a conoscenza del fatto che l’infedeltà verso il Signore generava figli bastardi? Spero si sia capito che non sto trattando un argomento secondario, anzi.

Tutto il Primo Testamento ripete fino allo sfinimento lo stesso concetto: gli israeliti dovevano evitare di generare figli ibridi con i cananei. Qualcuno potrebbe pensare, a questo punto, che gli israeliti fossero un po’ razzisti. O addirittura che fosse razzista Dio stesso. Invece la motivazione, secondo me, è diversa ed è molto più profonda. E ne parlerò nel prossimo articolo. Se invece non avete voglia di aspettare, potete leggere subito il mio libro, L’origine dell’uomo ibrido.

Vecchio Testamento, ciò di cui non conviene parlare: perché erano proibiti i matrimoni misti?

Nell’era del politicamente corretto, e considerando tutto ciò che è avvenuto lo scorso secolo, è comprensibile provare un po’ di disagio nell’affrontare un tema centrale del Vecchio Testamento: la proibizione dei matrimoni misti.

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La maggior parte delle persone non conosce minimamente questo argomento che attraversa tutto il Primo Testamento. Non sto parlando di qualche passo isolato e collaterale alla storia del popolo d’Israele ma, come vedremo, di una delle proibizioni più insistenti della Bibbia. Forse la più insistente in assoluto.

La verità è che tanti cristiani non leggono il loro libro sacro e conoscono solo i passi più famosi, quelli che magari vengono letti a Messa e che subiscono una selezione a monte. Selezione giusta, a mio modesto avviso, perché tanti brani, senza la necessaria contestualizzazione, non potrebbero essere compresi e, anzi, rischierebbero di confondere più che di innalzare spiritualmente il fedele.

Ma se siete capitati su questo blog è perché volete saperne di più e quindi indossate la corazza della pazienza e preparatevi a scoprire un concetto tabù della Bibbia.

Prima di partire, una piccola premessa: credo che l’argomento, oltre a essere politicamente scorretto, venga accantonato perché, chi lo conosce, non ne comprende il significato più profondo. Non credo che ci sia una cospirazione per tenere i fedeli all’oscuro della questione; penso piuttosto che il ragionamento dei teologi sia più o meno questo: è vero, gli israeliti non potevano incrociarsi con i cananei, ed è vero pure che il divieto viene ribadito continuamente… ma probabilmente era il frutto di una mentalità oggi superata e quindi perché approfondirlo? Perché perdere tempo a indagarlo?

La mia conclusione è diametralmente opposta: io non ne voglio parlare come se fosse una delle tante curiosità che si possono trovare nella Bibbia; per me il concetto che ruota attorno alla proibizione dei matrimoni misti è fondamentale per capire non solo il Primo Testamento, ma tutta la storia dell’uomo. E alla fine vi sarà chiaro il motivo.

Il popolo d’Israele vivrà in Palestina ma il primo patriarca, Abramo, non era nato in Palestina, era un immigrato. Nella cartina che segue possiamo ripercorrere il suo viaggio.

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Abramo parte da Ur, con sua moglie Sara, e arriva a Canaan, l’attuale Palestina. Qui la coppia avrà un figlio, Isacco. Isacco crescerà in mezzo ai cananei e, arrivato all’età del matrimonio, avrebbe sicuramente sposato una donna di Canaan, se non fosse successo qualcosa di strano.

Abramo era ormai vecchio, avanti negli anni, e il Signore lo aveva benedetto in tutto. Allora Abramo disse al suo servo, il più anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: «Metti la mano sotto la mia coscia e ti farò giurare per il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito, ma che andrai nella mia terra, tra la mia parentela, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco». (Genesi 24,1-4)

L’ultimo desiderio di Abramo è che suo figlio non sposi una cananea. Come mai? Era solo la fissa di un anziano? Isacco infatti sposerà Rebecca, figlia dei parenti di Abramo, dalla quale avrà due bambini, Giacobbe ed Esaù. Esaù prenderà due mogli.

Quando Esaù ebbe quarant’anni, prese in moglie Giuditta, figlia di Beerì l’Ittita, e Basmat, figlia di Elon l’Ittita. Esse furono causa d’intima amarezza per Isacco e per Rebecca. (Genesi 26,34s)

Chi erano gli ittiti? Facciamo rispondere al professor Francesco Bianchi :

Tutti i commentatori hanno attribuito queste notizie alla fonte sacerdotale, nella quale i cananei vengono chiamati «ittiti». (La donna del tuo popolo, Città Nuova Editrice, 2005, p. 37)

Quindi il matrimonio del figlio con le donne cananee, causano una profonda amarezza nei genitori. E la madre spera di salvare almeno l’altro figlio.

E Rebecca disse a Isacco: «Ho disgusto della mia vita a causa delle donne ittite: se Giacobbe prende moglie tra le Ittite come queste, tra le ragazze della regione, a che mi giova la vita?» (Genesi 27,46)

E Isacco replica ciò che aveva già fatto suo padre Abramo.

Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede questo comando: «Tu non devi prender moglie tra le figlie di Canaan. Su, va’ in Paddan-Aram, nella casa di Betuèl, padre di tua madre, e prenditi là una moglie tra le figlie di Làbano, fratello di tua madre. (Genesi 28,1s)

Così Giacobbe sposerà Lia e Rachele, due sue cugine. Giacobbe è anche il terzo e ultimo dei patriarchi, colui che cambierà nome in Israele. I figli di Israele si trasferiranno in Egitto. Per secoli i loro discendenti abiteranno lì, fino all’arrivo di Mosè, che farà uscire il suo popolo dall’Egitto e lo guiderà fino al ritorno nella terra di Canaan.

Prima, però, Mosè stringerà l’Alleanza con Yahweh. Tra le altre cose, Dio si raccomanda:

Guàrdati bene dal far alleanza con gli abitanti della terra nella quale stai per entrare, perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. […] Non prendere per mogli dei tuoi figli le loro figlie. (Esodo 34,11-16)

È chiaro che questa proibizione che viene attribuita a Dio, era già conosciuta da tempo se all’epoca di Abramo e Isacco il divieto, di fatto, veniva già osservato.

Più avanti il divieto viene ribadito:

Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà introdotto nella terra in cui stai per entrare per prenderne possesso e avrà scacciato davanti a te molte nazioni […] Non costituirai legami di parentela con loro, non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli. (Deuteronomio 7,1-3)

Violare la proibizione era così grave che chi trasgrediva non faceva una bella fine. Riporto un episodio emblematico in cui la protagonista è una donna madianita, altro popolo che viveva nella terra di Canaan.

Uno degli Israeliti venne e condusse ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta la comunità degli Israeliti, mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tenda del convegno. Vedendo ciò, Fineès, figlio di Eleàzaro, figlio del sacerdote Aronne, si alzò in mezzo alla comunità, prese in mano una lancia, seguì quell’uomo di Israele nell’alcova e li trafisse tutti e due, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre. (Numeri 25,6-8)

Dopo la morte di Mosè, sarà Giosuè a far entrare Israele in Canaan e il condottiero, prima di morire, rivolge l’ultimo discorso al suo popolo.

Siate forti nell’osservare e mettere in pratica quanto è scritto nel libro della legge di Mosè, senza deviare da esso né a destra né a sinistra, senza mescolarvi con queste nazioni che rimangono fra voi. […] Perché, se vi volgete indietro e vi unite al resto di queste nazioni che sono rimaste fra voi e vi imparentate con loro e vi mescolate con esse ed esse con voi, sappiate bene che il Signore, vostro Dio, non scaccerà più queste nazioni dinanzi a voi. Esse diventeranno per voi una rete e una trappola, flagello ai vostri fianchi e spine nei vostri occhi, finché non sarete spazzati via da questo terreno buono, che il Signore, vostro Dio, vi ha dato. (Giosuè 23,6-13)

Giosuè è più che esplicito: deviare dalla legge di Mosè significava mescolarsi con i popoli della terra di Canaan.

Ma gli israeliti non riusciranno a seguire le sue raccomandazioni e, nel libro successivo, si legge:

Queste nazioni servirono a mettere Israele alla prova, per vedere se Israele avrebbe obbedito ai comandi che il Signore aveva dato ai loro padri per mezzo di Mosè. Così gli Israeliti abitarono in mezzo ai Cananei, […] ne presero in moglie le figlie, fecero sposare le proprie figlie con i loro figli. (Giudici 3,4-6)

La repulsione verso i matrimoni misti, che inizia con i patriarchi, arriverà fino all’esilio di Babilonia, circa un millennio dopo. Infatti Israele, dopo aver trascorso dei secoli a Canaan, viene espugnato dai babilonesi che deportano una parte del popolo a Babilonia. Dopo alcuni decenni di cattività, gli esiliati vengono liberati e tornano a Canaan. Qui scoprono che gli altri israeliti, quelli che non erano stati deportati, si erano mescolati con i cananei.

Il popolo d’Israele, i sacerdoti e i leviti non si sono separati dalle popolazioni locali, […] ma hanno preso in moglie le loro figlie per sé e per i loro figli: così hanno mescolato la stirpe santa con le popolazioni locali. (Esdra 9,1-2)

Potrei continuare a lungo con le citazioni ma penso che possano bastare. Avevate mai sentito dire che l’Alleanza di Israele con Dio implicava il divieto di incrociarsi con gli altri popoli? Quale motivazione poteva avere una simile proibizione? Alcuni tentano di spiegarla spostando il discorso sul lato spirituale, dicendo che imparentarsi con popoli pagani, a lungo andare, avrebbe causato l’apostasia del popolo eletto. Questo è sicuramente uno dei motivi alla base della proibizione. Ma forse non il principale.

La verità è che tutto il Primo Testamento parla di ibridazioni e delle conseguenze biologiche di tali incroci, come scriverò nel prossimo articolo.

Intanto vi lascio con un’altra citazione del libro del professor Bianchi:

S.J.D. Cohen ha proposto allora di individuare nel biblico “orrore” per le mescolanze fra piante, tessuti e animali la causa dell’ostilità contro i matrimoni misti. Applicando al mondo umano quanto essi pensavano accadesse negli incroci fra cavalli e asini, i rabbini avrebbero deciso che il frutto di questa unione seguisse la specie della madre eassimilarono l’unione fra ebrei e gentili a quella fra uomini e animali. (p. 140)

Se non avete voglia di attendere il prossimo articolo, v’informo che ho trattato questi argomenti, in maniera molto approfondita, nel mio libro L’origine dell’uomo ibrido.

Per leggere la seconda parte, clicca qui: Mamzer, i “bastardi” del Vecchio Testamento.