Il peccato di Sodoma non fu l’omosessualità: un malinteso durato millenni

sodoma

Tutti conoscono (o pensano di conoscere) la biblica storia di Sodoma e Gomorra e quasi tutti sono convinti che la causa della distruzione sia stata l’omosessualità che veniva praticata dagli abitanti. Stiamo per vedere che non fu così…

Qual è stato il peccato di Sodoma? La sodomia, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma cosa significa esattamente sodomia?

Il discorso è abbastanza complesso e per esaurirlo in un articolo dovrò sintetizzarlo e semplificarlo (spero non troppo). Per chi fosse interessato ad approfondire, ho trattato l’argomento nel libro L’origine dell’uomo ibrido.

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Sodomia = rapporti omosessuali?

Il vocabolario Treccani definisce sodomia:

Termine che indica, nell’uso corrente, rapporti omosessuali tra individui di sesso maschile, mentre più propriam. indica ogni forma di rapporto sessuale per via anale, per cui si distingue una s. omosessuale e una s. eterosessuale.

Nell’uso corrente la sodomia indica i rapporti omosessuali e, proprio per questo motivo, nell’immaginario collettivo gli abitanti di Sodoma sono diventati tutti gay. Ma pure due eterosessuali possono peccare di sodomia. E non solo. Si può peccare di sodomia anche senza un partner umano.

Il famoso psichiatra e neurologo von Krafft-Ebing, autore di un classico sulla sessuologia (Psicopatia sessuale), scrive [Richard von Krafft-Ebing, Psicopatia Sessuale, rielaborazione del Dott. Alexander Hartwich, Edizioni Mediterranee, 1964, p. 85]:

Le relazioni sessuali fra persone e animali rientrano nella cosiddetta zoofilia. Questa degenerazione veniva chiamata un tempo sodomia.

Il dizionario etimologico conferma:

Peccato contro natura: da Sodoma, antica città della Palestina, in cui era praticata ogni sorta di lussuria.

Dunque i rapporti anali, omosessuali e non, rientrano sì nella sodomia ma non ne esauriscono il significato; la sodomia racchiude tutti i rapporti non finalizzati alla procreazione, in particolare se in vase indebito, in un orifizio illecito, compreso quello di un animale.

Chi erano gli abitanti di Sodoma?

I sodomiti, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma chi erano i sodomiti? Non può che dircelo la Genesi che nomina per la prima volta la nostra città in questo passo [Genesi 10,19]:

Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Seboìm fino a Lesa.

Quindi i sodomiti erano i cananei. I cananei sono i discendenti di Canaan. Canaan era il “nipote” di Noè. Nipote tra virgolette perché, come abbiamo visto in questo articolo, Canaan è il figlio di un incesto avvenuto tra Cam, figlio di Noè e la moglie dello stesso Noè. Presto vedremo che, anche nel racconto di Sodoma, viene narrato l’incesto tra Lot e le sue figlie. Ma proseguiamo per gradi.

La Genesi dice quale fu il peccato della città?

In Genesi 13,13 troviamo un’anticipazione che riguarda la perversione della città:

Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore.

Da questa prima informazione generica è impossibile risalire ai peccati specifici che venivano commessi. Ed è evidente che non si accenni minimamente all’omosessualità.

Nel capitolo successivo [Genesi 14,2] leggiamo che alcuni re

mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra.

La Bibbia di Gerusalemme [pagina 48] nota a riguardo:

Il carattere fittizio del racconto è ravvisabile nei nomi dei re di Sòdoma e di Gomorra: Bera e Birsa sono i re «nella malizia» e «nella cattiveria», nuova allusione al peccato delle due città.

Malizia e cattiveria, neanche qui si parla di festini LGBT.

Prima di analizzare il racconto oggetto dell’articolo, troviamo l’ultima anticipazione in Genesi 18,20s:

Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».

Neanche qui si accenna minimamente all’omosessualità.

L’ultimo peccato dei sodomiti

Genesi 19 inizia così:

I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera.

La parola ebraica tradotta con angeli è malakim. Chi sono i malakim? Ho dedicato a queste figure un articolo che invito a leggere perché è propedeutico alla comprensione del ragionamento che sto per sviluppare.

Una cosa è certa: i malakim non erano degli angeli come li intendiamo noi oggi. E basta proseguire con la lettura del testo per dimostrarlo. Infatti i due malakim vengono accolti da Lot che li invita a dormire a casa sua, ma:

Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!».

Questo brano, se letto con superficialità, sembrerebbe contenere un riferimento al peccato di omosessualità. Ma analizziamolo meglio.

Ciò che dovrebbe richiamare la nostra attenzione è il fatto che Lot stia ospitando due angeli/malakim mentre i sodomiti chiedono: dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Come uomini? Non erano angeli? Se vi state ponendo questa domanda, vi ho sgamato: non avete letto l’articolo propedeutico sui malakim.

Se i due uomini ospitati da Lot fossero stati realmente due uomini, i sodomiti avrebbero palesemente dichiarato di voler commettere un peccato di violenza omosessuale. Ma il testo è chiaro: Lot sta ospitando due angeli/malakim, non due uomini.

Il vero peccato dei sodomiti, in un certo senso, è duplice: prima di tutto non hanno riconosciuto la divinità di quei personaggi e in secondo luogo ambivano addirittura a mescolare due realtà, quella divina e quella umana, che erano considerate distinte e dovevano rimanere separate.

Il vero peccato di Sodoma? Hybris

Nell’antica Grecia esisteva un tipo di peccato che, come vedremo, è molto simile alla trasgressione che volevano commettere i sodomiti: si tratta della hybris (υβρις). Era un peccato gravissimo. Esiodo, ad esempio, individua la causa della decadenza dell’umanità proprio nella hybris. Spesso viene tradotta con tracotanza, violenza ma si tratta di approssimazioni.

Secondo il professor Paolo Cipolla, tracotanza

è un modo, sicuramente approssimativo ma forse uno dei meno infelici, di rendere il termine greco hybris, che nella sua complessità polisemica indica propriamente qualsiasi azione o atteggiamento umano volto a trascendere i limiti imposti dalle leggi divine, commettendo crimini e violenze, spinti da eccessiva fiducia in se stessi. [La hybris di Serse nei Persiani di Eschilo fra destino e responsabilità, in Studia humanitatis, Saggi in onore di Roberto Osculati, a cura di Arianna Rotondo, Viella, 2011, p. 29]

Quali sono i personaggi mitici più carichi di hybris?

Tra i personaggi che il mito classico delinea come campioni di hybris figurano in particolare i centauri, caratterizzati da costumi assai brutali. La loro sconfitta da parte dei Lapiti nella Centauromachia simboleggia il trionfo della consapevolezza e della misura sulla barbarie più sfrenata e selvaggia. [Anna Ferrari, Dizionario di mitologia greca e latina, UTET, 1999, pp. 375-376]

I centauri erano degli ibridi e infatti il dizionario etimologico c’informa che ibrido deriva proprio dal greco ybris:

eccesso, violenza ed anche lascivia, lussuria, onde ybrizein, eccederei giusti confini, essere sfrenato, ed anche stuprare. Dicesi di animale nato da generanti dissimili, perché reputasi tale procreazione oltrepassare i limiti imposti dalla natura.

I lettori abitudinari del mio blog, a questo punto, avranno già fatto i loro collegamenti. Per alcuni teologi anche la trasgressione di Adamo può essere considerata un peccato di hybris. E la hybris poteva essere “trasmessa” alla stirpe del peccatore. In un prossimo articolo espanderò questi aspetti.

Il parallelo Sodoma/Diluvio

Finalmente siamo arrivati alla conclusione. La Bibbia di Gerusalemme [pagina 59] la butta lì così:

La storia di Sodoma, distrutta per il peccato dei suoi abitanti, può essere stata in origine un parallelo transgiordano al racconto del diluvio.

Alla luce delle considerazioni effettuate fin qui, possiamo evidenziare sei paralleli tra Genesi 67 e Genesi 19.

1 – Inizialmente Dio prende atto del peccato degli uomini:

DILUVIO: Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre.

SODOMA: Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.

2 – Esistono però due famiglie di giusti che verranno salvate dall’imminente castigo divino, rispettivamente quella di Noè e quella di Lot:

DILUVIO: Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli.

SODOMA: Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città.

3 – Al peccato segue la punizione-distruzione:

DILUVIO: eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

SODOMA: quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore.

4 – Il peccato di Sodoma, che abbiamo appena analizzato, è speculare al peccato dei figli di Dio che scatenarono il Diluvio perché si erano uniti alle figlie dell’uomo. Un’altra mescolanza, un’altra ibridazione alla quale ho dedicato un articolo a parte.

5 – L’incesto finale. Come dopo il diluvio, a causa del vino, avviene un incesto tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Noè, lo stesso identico incesto avviene a causa del vino tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Lot.

Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, come avviene dappertutto. Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così daremo vita a una discendenza da nostro padre.

6 – Come dall’incesto di Cam con sua madre nasce Canaan, capostipite dei maledetti cananei, così dall’incesto delle figlie di Lot nascono Moab e Ammon, capostipiti dei maledetti Moabiti e Ammoniti.

Chi sono i Malakim del Vecchio Testamento? Angeli? Alieni? O altro?

I malakim del Vecchio Testamento sono degli angeli, come vuole una certa tradizione cristiana, oppure sono degli extraterrestri, come ipotizzano diversi autori contemporanei?

Cosa significa l’ebraico malakim?

In un articolo precedente avevo dato la mia interpretazione dello scandaloso peccato di Cam e avevo annunciato che avrei mostrato in seguito il parallelismo tra la trasgressione del figlio di Noè, avvenuta dopo il diluvio, e la trasgressione delle figlie di Lot, avvenuta dopo la distruzione di Sodoma e Gomorra.

Prima, però, è necessario analizzare una figura misteriosa che appare nel racconto di Sodoma e Gomorra e in centinaia di altri passi. Per la precisione, come possiamo leggere sull’utilissimo sito Biblehub, la parola ebraica malak (singolare di malakim) ricorre 213 volte: 110 volte viene tradotta con angelo (o angeli), 100 volte con messaggero (o messaggeri), 2 volte con ambasciatori e una volta con inviati.

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Il significato letterale della parola malakim è proprio messaggeri. Quando gli autori sacri scrivevano il termine malakim, intendevano esattamente indicare dei messaggeri. Se oggi un autore italiano contemporaneo scrivesse di messaggeri, secondo voi a cosa intenderebbe riferirsi? Ad angeli? Ad Alieni? O a messaggeri? Secondo me, a messaggeri.

Quindi il mistero è svelato: i malakim sono messaggeri. Ma il problema sorge adesso: che significa messaggeri? E quindi: che significa malakim?

Chi erano i malakim?

Il vocabolario Treccani definisce messaggero:

Chi reca ad altri un messaggio, un annuncio o anche una richiesta di notizie, come incarico abituale o occasionale.

La difficoltà nell’interpretare correttamente queste figure, nasce, in parte, dal fatto che oggi i messaggeri non si usano più. Se devo dire una cosa a un amico che abita a 500 km, prendo lo smartphone e gli scrivo, non certo mi metto a cercare una persona che si faccia 500 km per andare a parlare con il mio amico.

Nel I millennio a.C., invece, non c’erano i cellulari e quindi c’erano i malakim, i messaggeri. Ovviamente la gente comune non aveva bisogno di malakim perché non aveva la necessità d’intrattenere relazioni con abitanti di città e villaggi tanto distanti.

I malakim erano dunque i messaggeri dei re perché, loro sì, dovevano intrattenere relazioni con i sovrani degli altri popoli: se il faraone egiziano doveva comunicare con il re ittita, non certo saliva personalmente in groppa a un cammello per farsi migliaia di km. Quindi incaricava il suo malak.

Attenzione adesso: se egiziani e ittiti  non avevano buoni rapporti, il viaggio del malak rischiava di finire male. Arrivato in terra nemica, chiunque avrebbe potuto ucciderlo con il risultato che il suo messaggio non sarebbe mai arrivato a destinazione. Per questo motivo, con il tempo, si era trovata una soluzione che, se ai nostri occhi potrebbe sembrare strana, all’epoca riusciva a garantire la sicurezza dei malakim.

Il malak di un re, nell’antichità, rappresentava lo stesso re. Se gli ittiti avessero ucciso o maltrattato il malak del faraone d’Egitto, è come se avessero ucciso o maltrattato il faraone stesso, è come se avessero dichiarato guerra agli egiziani. Al contrario: trattare bene un malak, equivaleva a trattare bene il suo re; offrirgli ospitalità con tutti i riguardi del caso, equivaleva a ospitare il re stesso.

Nel Nuovo Testamento, che è scritto in greco e quindi non può contenere la parola ebraica malak, Gesù parla proprio dei messaggeri dei re:

quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. [Luca 14,31s]

I malakim di Dio

Adesso che sappiamo chi erano i messaggeri dei re, sorge un altro problema: il Vecchio Testamento non parla solo dei malakim dei re ma anche dei malakim di Dio. Si tratta di angeli, alieni o cosa?

Prima di tutto occorre sapere che gli autori sacri consideravano Dio come il re dei re:

il beato e unico Sovrano,
il Re dei re e Signore dei signori,
il solo che possiede l’immortalità
e abita una luce inaccessibile:
nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.
A lui onore e potenza per sempre. Amen. [1Timoteo 6,15s]

Dato che gli autori sacri immaginavano Dio come il re dei re, proiettavano sul sovrano celeste gli attributi che osservavano nei sovrani terreni, enfatizzandoli. Più i re erano potenti, più servitori potevano permettersi a corte. E Dio doveva essere il più potente dei potenti, ecco perché nella visione di Daniele si legge:

mille migliaia lo servivano
e diecimila miriadi lo assistevano.
La corte sedette e i libri furono aperti. [Daniele 7,10]

Così come Dio possedeva i suoi servitori e la sua corte, come fosse un re, allo stesso modo doveva possedere i suoi messaggeri, i suoi malakim, esattamente come i sovrani.

Se un re che doveva mandare un messaggio non si doveva scomodare e inviava un messaggero, figuriamoci se poteva scomodarsi Dio, il re dei re, quando doveva comunicare qualcosa agli uomini.

Ed esattamente come i malakim dei re rappresentavano i re in persona, i malakim di Dio rappresentavano Dio in persona.

Alla luce di questa spiegazione, proviamo a leggere uno dei passi più famosi e male interpretati di sempre. Vedremo che tenendo conto di quanto detto fin qui, tutto tornerà alla perfezione. Si tratta di Genesi 18.

Poi il Signore apparve a lui [Abramo] alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. [18,1s]

Già troviamo un’apparente contraddizione: il Signore appare ad Abramo ma Abramo vede tre uomini. Com’è possibile? L’apparente confusione continua:

Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». [18,2-5]

Sembra che Abramo e gli autori che abbiano scritto questo brano siano degli psicopatici. Passano continuamente dal singolare al plurale.

Abramo vide i tre uomini e corse loro incontro (plurale) poi si rivolge loro dicendo “Mio Signore… ai tuoi occhi, non passare… senza fermarti” (singolare) e infine “lavatevi… accomodatevi… ristoratevi… potrete proseguire…” (di nuovo il plurale!).

Tutto il capitolo alterna il singolare del Signore al plurale dei tre uomini. Un intero capitolo che non avrebbe alcun senso se non venisse letto con la chiave d’interpretazione che ho esposto sopra**. I tre uomini sono i messaggeri di Dio ma rappresentano Dio stesso. Ecco perché Abramo vede tre uomini ma li chiama “mio Signore“; ecco perché ci tiene tanto a ospitarli e a trattarli con i migliori dei modi: è come se Abramo stesse ospitando Dio in persona!

Dopo i convenevoli, i tre uomini si dividono. Due vanno verso Sodoma mentre uno rimane con Abramo:

Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. [18,22]

Il capitolo successivo, infatti, si apre così:

I due angeli [malakim] arrivarono a Sòdoma sul far della sera mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. [19,1]

Ecco svelata la vera identità di quegli uomini! La Bibbia italiana traduce con angeli ma la parola ebraica è malakim. Il brano continua:

Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. [19,1]

Esattamente come Abramo, Lot vede nella presenza dei malakim, la presenza stessa di Dio.

Questa interpretazione, inoltre, rispecchia in pieno la mentalità degli israeliti e degli ebrei che hanno talmente tanto rispetto per Dio che, ancora oggi, evitano di pronunciare il suo nome. Autori con una simile forma mentis, non potevano scrivere che Dio si manifestasse agli uomini e comunicasse con loro personalmente. L’escamotage di attribuire dei messaggeri a Dio come fosse un re, è un’ottima trovata per inserire i giusti intermediari nei racconti.

Adesso che sappiamo chi sono i malakim, nel prossimo articolo scopriremo chi sono i figli di Dio, i bene ha Elohim di Genesi 6 che pure fanno tanto discutere… Infine saremo pronti per scoprire il parallelo tra il diluvio e Sodoma.

** Alcuni provano a vedere nei tre uomini rappresentanti il Signore, un segno della Trinità di Dio ma 1. gli autori all’epoca non credevano assolutamente che Dio fosse uno e trino; 2. se così fosse, tutte le volte che appaiono i malakim, dovrebbero essere in 3 e invece non è così.