Il peccato di Sodoma non fu l’omosessualità: un malinteso durato millenni

sodoma

Tutti conoscono (o pensano di conoscere) la biblica storia di Sodoma e Gomorra e quasi tutti sono convinti che la causa della distruzione sia stata l’omosessualità che veniva praticata dagli abitanti. Stiamo per vedere che non fu così…

Qual è stato il peccato di Sodoma? La sodomia, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma cosa significa esattamente sodomia?

Il discorso è abbastanza complesso e per esaurirlo in un articolo dovrò sintetizzarlo e semplificarlo (spero non troppo). Per chi fosse interessato ad approfondire, ho trattato l’argomento nel libro L’origine dell’uomo ibrido.

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Sodomia = rapporti omosessuali?

Il vocabolario Treccani definisce sodomia:

Termine che indica, nell’uso corrente, rapporti omosessuali tra individui di sesso maschile, mentre più propriam. indica ogni forma di rapporto sessuale per via anale, per cui si distingue una s. omosessuale e una s. eterosessuale.

Nell’uso corrente la sodomia indica i rapporti omosessuali e, proprio per questo motivo, nell’immaginario collettivo gli abitanti di Sodoma sono diventati tutti gay. Ma pure due eterosessuali possono peccare di sodomia. E non solo. Si può peccare di sodomia anche senza un partner umano.

Il famoso psichiatra e neurologo von Krafft-Ebing, autore di un classico sulla sessuologia (Psicopatia sessuale), scrive [Richard von Krafft-Ebing, Psicopatia Sessuale, rielaborazione del Dott. Alexander Hartwich, Edizioni Mediterranee, 1964, p. 85]:

Le relazioni sessuali fra persone e animali rientrano nella cosiddetta zoofilia. Questa degenerazione veniva chiamata un tempo sodomia.

Il dizionario etimologico conferma:

Peccato contro natura: da Sodoma, antica città della Palestina, in cui era praticata ogni sorta di lussuria.

Dunque i rapporti anali, omosessuali e non, rientrano sì nella sodomia ma non ne esauriscono il significato; la sodomia racchiude tutti i rapporti non finalizzati alla procreazione, in particolare se in vase indebito, in un orifizio illecito, compreso quello di un animale.

Chi erano gli abitanti di Sodoma?

I sodomiti, verrebbe subito da rispondere. Ed è la risposta corretta. Ma chi erano i sodomiti? Non può che dircelo la Genesi che nomina per la prima volta la nostra città in questo passo [Genesi 10,19]:

Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Seboìm fino a Lesa.

Quindi i sodomiti erano i cananei. I cananei sono i discendenti di Canaan. Canaan era il “nipote” di Noè. Nipote tra virgolette perché, come abbiamo visto in questo articolo, Canaan è il figlio di un incesto avvenuto tra Cam, figlio di Noè e la moglie dello stesso Noè. Presto vedremo che, anche nel racconto di Sodoma, viene narrato l’incesto tra Lot e le sue figlie. Ma proseguiamo per gradi.

La Genesi dice quale fu il peccato della città?

In Genesi 13,13 troviamo un’anticipazione che riguarda la perversione della città:

Ora gli uomini di Sòdoma erano malvagi e peccavano molto contro il Signore.

Da questa prima informazione generica è impossibile risalire ai peccati specifici che venivano commessi. Ed è evidente che non si accenni minimamente all’omosessualità.

Nel capitolo successivo [Genesi 14,2] leggiamo che alcuni re

mossero guerra contro Bera re di Sòdoma, Birsa re di Gomorra.

La Bibbia di Gerusalemme [pagina 48] nota a riguardo:

Il carattere fittizio del racconto è ravvisabile nei nomi dei re di Sòdoma e di Gomorra: Bera e Birsa sono i re «nella malizia» e «nella cattiveria», nuova allusione al peccato delle due città.

Malizia e cattiveria, neanche qui si parla di festini LGBT.

Prima di analizzare il racconto oggetto dell’articolo, troviamo l’ultima anticipazione in Genesi 18,20s:

Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».

Neanche qui si accenna minimamente all’omosessualità.

L’ultimo peccato dei sodomiti

Genesi 19 inizia così:

I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera.

La parola ebraica tradotta con angeli è malakim. Chi sono i malakim? Ho dedicato a queste figure un articolo che invito a leggere perché è propedeutico alla comprensione del ragionamento che sto per sviluppare.

Una cosa è certa: i malakim non erano degli angeli come li intendiamo noi oggi. E basta proseguire con la lettura del testo per dimostrarlo. Infatti i due malakim vengono accolti da Lot che li invita a dormire a casa sua, ma:

Non si erano ancora coricati, quand’ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono attorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo. Chiamarono Lot e gli dissero: «Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!».

Questo brano, se letto con superficialità, sembrerebbe contenere un riferimento al peccato di omosessualità. Ma analizziamolo meglio.

Ciò che dovrebbe richiamare la nostra attenzione è il fatto che Lot stia ospitando due angeli/malakim mentre i sodomiti chiedono: dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Come uomini? Non erano angeli? Se vi state ponendo questa domanda, vi ho sgamato: non avete letto l’articolo propedeutico sui malakim.

Se i due uomini ospitati da Lot fossero stati realmente due uomini, i sodomiti avrebbero palesemente dichiarato di voler commettere un peccato di violenza omosessuale. Ma il testo è chiaro: Lot sta ospitando due angeli/malakim, non due uomini.

Il vero peccato dei sodomiti, in un certo senso, è duplice: prima di tutto non hanno riconosciuto la divinità di quei personaggi e in secondo luogo ambivano addirittura a mescolare due realtà, quella divina e quella umana, che erano considerate distinte e dovevano rimanere separate.

Il vero peccato di Sodoma? Hybris

Nell’antica Grecia esisteva un tipo di peccato che, come vedremo, è molto simile alla trasgressione che volevano commettere i sodomiti: si tratta della hybris (υβρις). Era un peccato gravissimo. Esiodo, ad esempio, individua la causa della decadenza dell’umanità proprio nella hybris. Spesso viene tradotta con tracotanza, violenza ma si tratta di approssimazioni.

Secondo il professor Paolo Cipolla, tracotanza

è un modo, sicuramente approssimativo ma forse uno dei meno infelici, di rendere il termine greco hybris, che nella sua complessità polisemica indica propriamente qualsiasi azione o atteggiamento umano volto a trascendere i limiti imposti dalle leggi divine, commettendo crimini e violenze, spinti da eccessiva fiducia in se stessi. [La hybris di Serse nei Persiani di Eschilo fra destino e responsabilità, in Studia humanitatis, Saggi in onore di Roberto Osculati, a cura di Arianna Rotondo, Viella, 2011, p. 29]

Quali sono i personaggi mitici più carichi di hybris?

Tra i personaggi che il mito classico delinea come campioni di hybris figurano in particolare i centauri, caratterizzati da costumi assai brutali. La loro sconfitta da parte dei Lapiti nella Centauromachia simboleggia il trionfo della consapevolezza e della misura sulla barbarie più sfrenata e selvaggia. [Anna Ferrari, Dizionario di mitologia greca e latina, UTET, 1999, pp. 375-376]

I centauri erano degli ibridi e infatti il dizionario etimologico c’informa che ibrido deriva proprio dal greco ybris:

eccesso, violenza ed anche lascivia, lussuria, onde ybrizein, eccederei giusti confini, essere sfrenato, ed anche stuprare. Dicesi di animale nato da generanti dissimili, perché reputasi tale procreazione oltrepassare i limiti imposti dalla natura.

I lettori abitudinari del mio blog, a questo punto, avranno già fatto i loro collegamenti. Per alcuni teologi anche la trasgressione di Adamo può essere considerata un peccato di hybris. E la hybris poteva essere “trasmessa” alla stirpe del peccatore. In un prossimo articolo espanderò questi aspetti.

Il parallelo Sodoma/Diluvio

Finalmente siamo arrivati alla conclusione. La Bibbia di Gerusalemme [pagina 59] la butta lì così:

La storia di Sodoma, distrutta per il peccato dei suoi abitanti, può essere stata in origine un parallelo transgiordano al racconto del diluvio.

Alla luce delle considerazioni effettuate fin qui, possiamo evidenziare sei paralleli tra Genesi 67 e Genesi 19.

1 – Inizialmente Dio prende atto del peccato degli uomini:

DILUVIO: Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che ogni intimo intento del loro cuore non era altro che male, sempre.

SODOMA: Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.

2 – Esistono però due famiglie di giusti che verranno salvate dall’imminente castigo divino, rispettivamente quella di Noè e quella di Lot:

DILUVIO: Entrerai nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e le mogli dei tuoi figli.

SODOMA: Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città.

3 – Al peccato segue la punizione-distruzione:

DILUVIO: eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

SODOMA: quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore.

4 – Il peccato di Sodoma, che abbiamo appena analizzato, è speculare al peccato dei figli di Dio che scatenarono il Diluvio perché si erano uniti alle figlie dell’uomo. Un’altra mescolanza, un’altra ibridazione alla quale ho dedicato un articolo a parte.

5 – L’incesto finale. Come dopo il diluvio, a causa del vino, avviene un incesto tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Noè, lo stesso identico incesto avviene a causa del vino tra i pochi sopravvissuti della famiglia di Lot.

Nostro padre è vecchio e non c’è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, come avviene dappertutto. Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così daremo vita a una discendenza da nostro padre.

6 – Come dall’incesto di Cam con sua madre nasce Canaan, capostipite dei maledetti cananei, così dall’incesto delle figlie di Lot nascono Moab e Ammon, capostipiti dei maledetti Moabiti e Ammoniti.

Tra il primo e il secondo comandamento c’è una frase censurata da secoli (Esodo 20,5)

Quali sono il primo e il secondo comandamento secondo la tradizione cattolica? Leggiamo su Cathopedia, l’enciclopedia cattolica:

I – Non avrai altro Dio all’infuori di me.
II – Non nominare il nome di Dio invano.

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La tradizione della Chiesa ha sintetizzato nei dieci comandamenti una serie di istruzioni che Mosè ha ricevuto da Dio. Le istruzioni sono elencate in due brani paralleli, nel capitolo 20 del libro dell’Esodo e nel capitolo 5 del libro del Deuteronomio. Potete leggerli integralmente sul sito bibbia.net, cliccando qui e qui.

Sul sito del Vaticano c’è la versione online del Catechismo della Chiesa Cattolica con una pagina dedicata a ciascun comandamento.

Nella pagina del primo comandamento (clicca qui) è riportato il brano integrale dell’Esodo da cui il comandamento (Non avrai altro Dio all’infuori di me) è stato tratto:

Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.

Si tratta, lo ripetiamo, del capitolo 20 dell’Esodo, versetti dal 2 al 5.

Stesso discorso vale per il secondo comandamento (clicca qui). In questo caso (Non nominare il nome di Dio invano) è praticamente identico al brano corrispondente dell’Esodo:

Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio.

È il versetto 7 del capitolo 20 dell’Esodo.

Il lettore attento avrà notato che il versetto 6 dell’Esodo non viene fatto rientrare né nel primo comandamento, che termina al versetto 5, né nel secondo comandamento, che inizia con il versetto 7. Per la precisione il brano del primo comandamento, come vedremo, viene tagliato a metà del versetto 5. Quindi il Catechismo e la tradizione della Chiesa, per qualche motivo, hanno deciso di saltare un versetto e mezzo (la seconda parte di Esodo 20,5 e tutto Esodo 20,6).

Perché? Forse si tratta di passi irrilevanti? O forse sono frasi poco convenienti? Il brano censurato, è questo:

Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

Più che irrilevanti, sembrano concetti sconvenienti. Già sant’Agostino si era scervellato parecchio su cosa potesse significare che Dio punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione. Anche teologi contemporanei come André-Marie Dubarle hanno riflettuto molto su questa frase.

È difficile razionalizzare l’idea che un Dio geloso possa punire i figli e i nipoti innocenti di un peccatore. Dato che pure i teologi faticano a spiegarselo, meglio che i fedeli sprovveduti non la leggano proprio, così hanno un pensiero in meno. La sfortuna, però, ha voluto che questa frase sconveniente capitasse proprio lì, in uno dei testi più famosi di tutta la Bibbia: all’interno dei 10 comandamenti e, come se non bastasse, tra il primo e il secondo!

E se invece si trovasse in un testo fondamentale proprio perché è una frase fondamentale? Chi ha già letto il mio libro, saprà che, per me, quel concetto sconveniente è una delle chiavi più importanti per comprendere il significato più profondo di tutto l’Antico Testamento.

Se non avete letto il libro, dovete almeno leggere i due articoli che precedono questo che state leggendo: il primo, sui matrimoni misti proibiti e il secondo, sui figli bastardi che venivano generati quando si violava il divieto dei matrimoni misti.

Se non avete letto il libro e neanche gli articoli propedeutici, non ve la prendete se non capirete il prosieguo del discorso.

La gelosia, che gli autori sacri attribuiscono a Dio in diversi libri, è spesso connessa al divieto dei matrimoni misti e alla raccomandazione di non seguire i culti pagani dei popoli cananei:

Tu non devi prostrarti ad altro dio, perché il Signore si chiama Geloso: egli è un Dio geloso. Non fare alleanza con gli abitanti di quella terra, altrimenti, quando si prostituiranno ai loro dèi e faranno sacrifici ai loro dèi, inviteranno anche te: tu allora mangeresti del loro sacrificio. Non prendere per mogli dei tuoi figli le loro figlie. (Esodo 34,14-16)

Che la frase censurata sul Dio geloso e sulla punizione che ricade sulle generazioni successive sia connessa con il divieto dei matrimoni misti, trova conferma in un altro brano.

Quando gli israeliti infrangevano la proibizione e si accoppiavano con i cananei, i figli di questi incroci venivano chiamati bastardi e venivano esclusi dalla comunità del signore:

Il bastardo non entrerà nella comunità del Signore; nessuno dei suoi, neppure alla decima generazione, entrerà nella comunità del Signore. (Deuteronomio 23,3)

Qui ci troviamo in una situazione simile a quella del primo comandamento perché il peccato del genitore, colpevole di aver generato un figlio da un matrimonio misto, ricade sul figlio bastardo innocente. E non solo il figlio ma tutta la discendenza di quel figlio dovrà scontare il peccato dell’antenato. È come se la discendenza bastarda contraesse un peccato che si trasmette di generazione in generazione.

Cosa vi ricorda questo concetto? A sant’Agostino non sfuggì l’analogia tra questo peccato ereditario e il peccato originale che, come questo, sarebbe stato commesso da un progenitore e poi si sarebbe trasmesso alla discendenza innocente. Agostino, infatti, che aveva studiato a fondo l’Antico Testamento, denunciava la presenza, in esso, di una pluralità di peccati ereditari. Dubarle, che pure se ne intendeva, dato che ha scritto due libri sul peccato originale, ha dedicato uno studio alla strana teoria del santo d’Ippona: La molteplicità dei peccati ereditari nella tradizione agostiniana.

A differenza del peccato originale, che avrebbe contagiato tutta l’umanità, il peccato in questione contagia solo un ramo dell’umanità, solo la discendenza bastarda. Sempre Agostino sosteneva che questo peccato degli israeliti si sarebbe sommato, negli sfortunati discendenti, a quello di Adamo.

Ma allora perché nella frase che stiamo analizzando Dio punisce la colpa dei padri nei figli solo fino alla terza e alla quarta generazione? La risposta la troviamo in un altro passo che parla di bastardi. Ma bastardi diversi. Mentre gli incroci israeliti x cananei generavano una discendenza irrecuperabile, gli incroci israeliti x edomiti e israeliti x egiziani, erano recuperabili:

Non avrai in abominio l’Edomita, perché è tuo fratello. Non avrai in abominio l’Egiziano, perché sei stato forestiero nella sua terra. I figli che nasceranno da loro alla terza generazione potranno entrare nella comunità del Signore. (Deuteronomio 23,8s)

Ecco dunque spiegata la frase censurata dalla tradizione.

Però sorge una domanda: perché Dio avrebbe dovuto punire i figli e i nipoti generati dagli incroci? La risposta potrei averla trovata in una vecchia edizione del 1827 de Il milione di Marco Polo, questa.

Nel secondo volume, a pagina 399, c’è una nota del conte Baldelli Boni. Sta parlando di uno strano gruppo di indigeni di Sumatra (Indonesia), gli Orang-Gugu. Erano una popolazione poco numerosa che «differiva di poco dagli Orang-Utani», erano «coperti di pelo» e si differenziavano dagli Orang-Utani «solo per l’uso della parola».

Fu condotto uno di questi a Labun, ebbe figli da una donna del paese che erano meno pelosi del padre, alla terza generazione divennero come gli altri.

Nel caso di Sumatra descritto dal nostro conte, sarebbe stata la donna di Labun a violare quella che per gli israeliti era la proibizione dei matrimoni misti. La donna, accoppiandosi con un Orang-Gugu avrebbe generato un figlio bastardo, ibrido, che avrebbe ereditato metà del suo DNA dal padre selvaggio. Non solo: la metà del DNA selvaggio del figlio si sarà poi trasmessa alla seconda generazione e così il nipote della donna peccatrice avrebbe avuto ancora un 25% di DNA Gugu. Alla terza generazione sarebbe arrivato un DNA ancora più diluito, il 12,5%, che avrebbe fatto apparire l’individuo in questione come gli altri.

Ci siamo: in un contesto come quello di Sumatra la frase censurata che stiamo analizzando, diventa comprensibilissima: sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione.

La punizione non sarebbe un’azione diretta di Dio ma la semplice conseguenza genetica di un incrocio che avrebbe causato problemi psicofisici ai discendenti.

La mia ipotesi è che alcuni popoli che vivevano nella terra di Canaan erano geneticamente diversi dagli israeliti. Secondo la moderna paleogenetica, proprio in Palestina, si sarebbero verificati i primi incroci tra Sapiens e Neanderthal. I cananei potevano essere una popolazione più neanderthaloide rispetto agli israeliti.

Nel mio libro, L’origine dell’uomo ibrido, riporto molte prove a sostegno di questa ipotesi. Ne cito solo un paio:

Il gatto Bengala è un ibrido tra il gatto domestico e il gatto leopardo, un gatto selvatico. A causa del carattere nervoso e turbolento, l’Enciclopedia del Gatto[1] c’informa che il Bengala è ritenuto un gatto domestico solo dopo la terza generazione perché prima può continuare ad avere comportamenti tipici della specie selvaggia. Qualcosa di simile accade allo sciacallo ibrido, incrocio tra lo sciacallo e il cane: i tratti selvaggi dello sciacallo perdurano negli ibridi fino alla terza generazione, come documentato da un esperimento condotto in India[2].

[1]Enciclopedia del gatto, tutte le razze riconosciute, storia, curiosità, caratteristiche, De Vecchi, 2010.

[2] Robert A. Sterndale, Natural history of the Mammalia of India and Ceylon, 1884, pp. 238-239.

Ma nella Bibbia ci sono indizi che i cananei fossero geneticamente diversi dagli israeliti? Sì, molti. Ne parlerò in un prossimo articolo. Se invece non volete aspettare, potete leggere il mio libro.

Lilith, la prima moglie di Adamo, è la protagonista del peccato originale

Tutti sanno che nel racconto del peccato originale, narrato nei capitoli 2 e 3 del libro della Genesi, ci sono tre personaggi: Adamo, Eva e il serpente. Ma forse le cose sono un pochino più complesse.

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La tradizione ebraica ha sempre immaginato che, oltre alla prima donna, che comunemente si identifica con Eva, ci fosse un’altra figura femminile, che è stata chiamata Lilith.

Il Dizionario di usi e leggende ebraiche (Alan Unterman, Editori Laterza, 1994), alla voce Lilith scrive:

La prima moglie di Adamo.

Da dove nasce questa credenza se nel testo biblico non viene nominata nessun’altra donna? Per la verità, come vedremo tra poco, le donne nominate sono proprio due…

In Genesi 2,23 Adamo vede la prima donna appena creata da Dio e pronuncia la famosa frase:

Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta.

Intanto alcuni hanno notato che la frase sembra voler alludere a una sorta di primo tentativo andato a male. Infatti Adamo dice «Questa volta…» , come se ci fosse stata una donna precedente che non era osso dalle sua ossa e carne dalla sua carne.

In ogni caso, è questo il passo in cui Adamo, che aveva appena terminato di imporre il nome a tutti gli animali, impone il nome anche alla nuova arrivata: «La si chiamerà donna».

Imporre il nome a qualcosa aveva un significato molto profondo per gli israeliti: il nome rappresentava, in un certo senso, l’essenza di quel qualcosa, la sua vera natura e il suo destino. Marco Sales (La Sacra Bibbia commentata da padre Marco Sales, Volume I, Genesi, Esodo, Levitico, L.I.C.E.T., 1918, pagina 80) spiega a riguardo:

L’autore sacro fa osservare che ogni nome imposto da Adamo è il vero nome, ossia corrisponde perfettamente alla natura dei diversi animali.

Quindi il vero nome della compagna di Adamo è donna. La parola che è stata tradotta nell’italiano donna, in ebraico è issah. Adamo, invece, è la traduzione dell’ebraico adam, che significa uomo. La prima coppia, dunque, non poteva che essere uomo e donna, adamissah.

Ed Eva che fine ha fatto?

Eva viene nominata, per la prima volta, in Genesi 3,20, dopo che è avvenuto il peccato originale:

L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.

La parola tradotta in italiano con Eva è hawwah. E ancora una volta è Adamo a imporre il vero nome a Eva. Ma quindi il vero nome di questo personaggio femminile è issah o hawwah? Donna o Eva? Oppure si tratta di due personaggi femminili differenti, uno dei quali potrebbe corrispondere alla famosa Lilith?

Non mi risulta che gli esperti abbiano mai dato troppo peso a questo doppio nome. Chi ha notato la particolarità di una donna con due nomi differenti, ha ipotizzato che il nome cambia in quanto cambia l’essenza della donna in questione: prima del peccato era la donna, tratta dall’uomo; dopo il peccato diventa Eva, la madre di tutti i viventi.

Certo, potrebbe essere una spiegazione valida. Ma alcuni dettagli sembrerebbero avvalorare l’altra opzione, e cioè che gli autori abbiano voluto alludere a due personaggi distinti. Siamo pronti per tuffarci in questa scandalosa interpretazione?

Prima di tutto notiamo che, subito dopo il peccato, Eva diventa la madre di tutti i viventi, come se il peccato c’entrasse qualcosa con la procreazione degli uomini. Uomini? Perché non hanno scritto che Eva fu la madre di tutti gli uomini ma hanno scritto che fu la madre di tutti i viventi? Chi sono questi viventi?

La parola ebraica tradotta con viventi è hay. La Bibbia di Gerusalemme spiega nella nota:

Eva: etimologia popolare: il nome Eva, hawwah, è spiegato con il verbo hayah, «vivere».

La cosa curiosa è che da hayah, vivere, deriva anche il sostantivo hayyah, che significa bestie. Infatti sul sito biblehub.com è scritto che hay, viventi, può essere usato sia per gli uomini, sia per gli animali.

Questo spiegherebbe perché gli autori abbiano scritto che Eva fu la madre di tutti i viventi: perché volevano intendere che fu la madre sia degli uomini, sia delle bestie, e non solo degli uomini. Bestie in che senso? Ci arriviamo.

In Genesi 3,15 si parla per la prima volta di due stirpi:

Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe

In pochi hanno notato il paradosso. La stirpe è la discendenza di una coppia. Se all’epoca c’erano solo un uomo e una donna, com’è possibile ottenere due stirpi differenti? Per generare due stirpi servono, come minimo, tre soggetti. Che i tre soggetti fossero proprio adam, issah e hawwah?

Altro dettaglio importantissimo lo troviamo in Genesi 5,3, dopo che Caino ha ucciso Abele:

Adamo aveva centotrenta anni quando generò un figlio a sua immagine, secondo la sua somiglianza, e lo chiamò Set.

Quando Adamo generò Set, Abele era già morto ma Caino era vivo. Perché gli autori hanno scritto che Adamo generò un solo figlio a sua immagine? Si sono dimenticati di Caino? Avrebbero dovuto scrivere un altro figlio. O più semplicemente, come hanno notato da tempo i rabbini, gli autori volevano scrivere esattamente ciò che hanno scritto e cioè che solo Set era a immagine di Adamo, Caino no.

Ma se così fosse, a immagine di chi era Caino? Chi segue questo blog già saprà la risposta, che ho accennato qui.

Caino non era il figlio del primo uomo adam e della prima donna issah ma del primo uomo adam e di hawwah, che non era una donna, una issah ma una hayyah…

Questo fu il peccato originale commesso da Adamo. E Caino è il figlio di quel peccato, il figlio ibrido di quel peccato.

Ecco quali sono le due stirpi: la discendenza di Set, a immagine di Adamo (che a sua volta era a immagine di Dio) e la discendenza di Caino, che non era a immagine di Adamo e quindi neanche a immagine di Dio. Caino aveva solo la metà del patrimonio genetico del primo uomo mentre l’altra metà lo aveva ereditato da sua madre, una hayyah.

Per questo motivo i discendenti di Set saranno chiamati figli di Dio, mentre i discendenti di Caino saranno i figli dell’uomo o, in ebraico, i figli di adam.

Adamo era un figlio di Dio ma peccò di superbia e tentò di creare una discendenza tutta sua, sostituendosi a Dio. Perciò si accoppiò con una creatura inferiore, una femmina di una specie antropomorfa, generando un figlio ibrido, metà uomo e metà bestia.

In Genesi 6,4 assistiamo all’estinzione per ibridazione della stirpe dei figli di Dio

quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini.

Da quel momento in poi, siamo tutti discendenti di Caino, tutti uomini ibridi. Questo è il peccato originale che si trasmette dai genitori ai figli: un DNA rovinato delle ibridazioni (ibridazioni recentemente riconosciute anche dalla scienza), che è la causa di tutto il male che ci circonda, sia di quello fisico, sia di quello psicologico.

Se questa sintesi semplificata vi ha incuriosito, vi consiglio di leggere il libro L’origine dell’uomo ibrido.

Nello Zohar è scritto che Caino era un ibrido generato da una scimmia?

Nella prima presentazione del libro a Belluno, ho parlato del significato del nome Caino, in ebraico Qayin. La prima lettera del nome Qayin è la qof, l’equivalente della nostra q. In ebraico qof significa scimmia, come riporta anche Wikipedia.

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Per chi volesse vedere l’estratto, eccolo:

Ho trovato altri due indizi che confermerebbero la mia ricostruzione nel libro dello Zohar, il libro dello Splendore, che è il testo più importante della tradizione cabalistica.

A pagina 182 dell’edizione a cura di Giulio Busi (Giulio Einaudi Editore, 2008), leggiamo:

Che cosa è scritto su [quanto avvenne] in basso? Quindi Adamo conobbe Eva, sua moglie, la quale concepì e partorì Caino (Gen. 4.1). La qof cominciò a generare nelle sue viscere, con la forza e l’aiuto dell’uomo, dopo che, da quella qof, ella aveva già ricevuto la sozzura. Per questo motivo, qui non è scritto e generò un figlio ma conobbe, ed ella concepì e partorì, così che lo scarto uscì all’interno della femmina.

Una nota c’informa che la qof è l’iniziale di Qayin, Caino. Ed è vero. Ma questa edizione dello Zohar non c’informa di un’altra cosa forse più importante e cioè che qof significa scimmia.

Lo Zohar è un’opera abbastanza esoterica, di non facile interpretazione, ma questo brano sembra voler alludere chiaramente al fatto che a generare Caino nelle viscere (con la forza e l’aiuto dell’uomo) sia una qof, cioè una scimmia.

Nel libro L’origine dell’uomo ibrido scrivo che Caino rappresenterebbe il primo ibrido uomo-scimmia. Anche nello Zohar ho ritrovato un concetto simile. A pagina 329 si legge:

Il sacrificio di Caino era lino, mentre il sacrificio di Abele era lana, e l’uno non è come l’altro. Il segreto della cosa è che Caino era frutto dell’unione di due specie diverse, una mescolanza impropria: [proveniva] dall’«altra parte», che non è della specie di Adamo ed Eva, e [anche] il suo sacrificio proveniva da quel lato. Abele era della stessa specie di Adamo ed Eva.